Ho già ironizzato più volte sul “fenomeno” giallo che sta scompaginando il mondo dell’editoria. Questa volta riprendo il discorso in forma “normale”, pacata e serena (finché posso…) per capire cosa sta succedendo intorno a noi appassionati di romanzi più o meno polizieschi. Che ci sia una superproduzione è sotto gli occhi di tutti. Basta entrare in qualsiasi libreria per rendercene conto. Gli scaffali ne sono stracolmi. Tanto stracolmi che si trovano perfino per terra appoggiati (i libri, non gli scaffali!) l’uno sull’altro a formare pile minacciose. Chi la fa da padrone è il Malloppone (e ci va anche di rima). Ormai sapete che cos’è e non voglio farvela lunga. Comunque per sintetizzare al massimo, per quei pochi che ancora non lo sapessero, è quel librone massiccio dove c’è di tutto e di più. Il parto mostruoso del Tuttologo già dal sottoscritto preso in giro in una mia satiretta. Satiretta iperbolica scritta con l’intento di far sorridere, ma non del tutto banale e priva di verità. In effetti oggi si trovano libri in cui l’intento psico-socio-filosofico è così pressante, fastidioso e appicicaticcio (difficile assai amalgamare bene il tutto. A chi ci riesce tanto di cappello) da diventare ostacolo invalicabile alla validità della narrazione pura e semplice. Insomma un peso morto che l’autore si trascina dietro a gran fatica. E comunque il continuo e assillante scavare da ogni parte e da ogni lato toglie spesso la bellezza dell’accennato e del non detto. Perché, come si sa, la forza dell’allusione e del silenzio vale più di mille parole. Ma vallo a dire al Tuttologo…
Lo stesso dicasi per i gialli storici nei quali succede ogni tanto che l’intento di ricostruzione storica soffochi o appesantisca la vicenda criminosa in se stessa. Dosare oculatamente i due aspetti non riesce sempre bene per cui si assiste ad un parto di un ibrido che non è né carne né pesce.
Altro punto su cui riflettere. Poiché ormai gli ingredienti delle trame sono sempre gli stessi, per creare delle novità si tende a sfornare delle macchinazioni così complesse e ingarbugliate da diventare incomprensibili. Lo è stato, certo, anche nel passato, ma lo è ancora di più oggi. I colpi di scena si susseguono l’uno dietro l’altro fino all’ultimo rigo dell’ultima pagina quando finalmente il lettore sta per tirare un sospiro di sollievo. Il classico tu uccidi un uomo morto.
E’ aumentato a dismisura il peso del sesso (perfino di quello estremo) che si infila dappertutto anche quando non ce n’è bisogno. Qualcuno potrà facilmente obiettare che proprio il sesso è stato uno dei motori propulsivi, se non l’unico, dei più grandi capolavori della letteratura mondiale. E’ vero. Ma solo, ribatto, quando si è ritrovato in mani esperte e capaci. Oggi mi pare che sia nelle mani di tutti. E non tutte le mani (anzi, assai poche) riescono a maneggiarlo con il dovuto riguardo e la dovuta oculatezza (mi scuso per il doppio senso).
Poiché nel romanzo poliziesco incominciano anche ad infiltrarsi letteratoni più o meno di grido (nihil novi sub sole, lo so), il linguaggio tende (sempre in linea generale, per carità) ad assumere forme un po’, come dire, snobistiche, leccate, un tantinello ampollosette e che, comunque, non riescono a scrollarsi di dosso quel pizzico di cattedratico proprio del loro artefice.
Oppure si cercano nuove forme e formule espressive, magari dopo avere scritto soltanto uno o due libri, come se tale ricerca non richiedesse, invece, un lungo lavoro di studio e preparazione. Per cui si assiste a tentativi, senza voler offendere nessuno, quasi del tutto ingenui e risibili. Talvolta ci si butta sul triviale pensando di compiere un gesto di eclatante rottura, quando invece trattasi di pura e semplice omologazione, ovvero adeguamento ad una realtà spesso più triviale del triviale dei libri.
Sta prendendo corpo anche un fenomeno del tutto particolare in cui la trama del giallo viene spostata ai margini, ed acquista un rilievo sempre più debole e circoscritto rispetto al corpus (caspiterina!) dell’opera. Costituisce, insomma, solo la griglia, una specie di cornice che raccoglie ben altro del poliziesco puro e semplice. Porto l’esempio di Giallo su Giallo di Gianni Mura il cui obiettivo principale non è certo lo scoprire il colpevole dei morti ammazzati ma i suoi splendidi (anche se un po’ pallosi) articoli sportivi sul giro di Francia, i suoi ricordi conditi di gustosi aneddoti, la sua insaziabile golosità culinaria.
Certe volte, addirittura, il centro dell’interesse si sposta quasi esclusivamente sul personaggio principale che emerge dalla cintola in su (questa è bellina) da una storia poliziesca piuttosto grigia ed anonima. Altre volte, invece, il punto di vista dello scrittore è tutto concentrato sulle analisi deduttive, sui rimuginamenti cerebrali alla Poe per cui sparisce quasi completamente ogni traccia di personalità e di umanità. Infine ci sono gli pseudolibri (non saprei come catalogarli) nei quali lo scopo principale è solo quello di far scivolare il lettore su una specie di pavimento di sangue, sperma e vomito. Con qualche rigagnolino di cacca.
Un altro rimedio alla devastante produzione di romanzi polizieschi sarà, soprattutto in futuro (almeno credo), l’arma dell’ironia e della parodia. Vedremo.
Insomma tutto il mondo del giallo è in continuo fermento ed agitazione. Aumentano le case editrici, aumentano le riviste specializzate, aumentano i critici ed i lettori. Aumenta tutto. Speriamo che non diminuisca troppo la qualità.
Perché ho un dubbio. Quanti di questi romanzi polizieschi che si stanno sfornando a getto continuo verranno ricordati fra cento o duecento anni? Due? Tre? Quattro?
Facciamo cinque e sono anche troppi.
P.S. Non vi fate impressionare da un giovincello incanutito come il sottoscritto che diventa sempre più stizzito ed esoso con il passare degli anni. I miei giudizi, i miei istinti libreschi risentono delle tante, troppe letture che rendono greve e obnubilato il cervello. Di romanzi polizieschi fra cento o duecento anni se ne salveranno molti di più. Almeno una decina.
Sito dell’autore www.libridiscacchi.135.it
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