Diciamo  la verità. Il contenuto sarà pure una ciofeca ma il titolo è bombolone. Dovrebbe attirare un sacco di lettori. Il pericolo è di prendere anche un sacco di accidenti. Succede sempre così quando ciò che si scrive non risulta poi all’altezza di ciò che è espresso nel “cartello”. Questa volta voglio rischiare, tanto non è che qualche accidente cambi di molto la mia vita tribolata (dal punto di vista della salute).

Sto diventando un esperto delle signore o signorine piedipiatti, o investigatrici per caso, nel romanzo poliziesco. Non me ne perdo una. O meglio cerco di non perderla perché è difficile (e dispendioso assai) stare dietro al numero sempre crescente di poliziotte che fanno capolino nei vari thriller, noir o giallo classico che dir si voglia (e a volte i tre generi sono pure mescolati). Comunque sia me ne sono fatto una bella scorta: Kay Scarpetta, Petra Delicado, Kinsey Millhone, Giorgia Cantini, Camilla Cagliostri, Katy Klein, Bennie Rosato, Precious Ramotswe, Petra connor, Angie Gennaro, Lauren Laurano, Saz Martin, Vanessa Tullera, Nastia Kamenskaja, Nan Vining, Tempe (Temperance) Brennan, Anna Travis, Lucie Hennebelle, Eva Johnsén, Mara Dunn ecc… (vedere mia rubrica “Detective Lady” su “Thriller Magazine”) ed ora posso tirare qualche conclusione per i miei affezionati ( e pazienti) lettori. Questa volta prenderemo in considerazione, in maniera molto sintetica, due aspetti peculiari che balzano in primo piano: le disgrazie e il sesso. Partiamo dal primo argomento per rifarci la bocca con il secondo.

Non c’è una donna-poliziotto o una investigatrice privata che non abbia una situazione personale o familiare da brivido. Grassa se i suoi genitori sono tutti e due vivi. In caso positivo stai sicuro che risultano divorziati. Uno dei due, di solito il padre (chissà perché), deve essere già sotto tre metri di terra. Anche per fratelli o sorelle vale la stessa cosa. Se sono ancora vivi sono anch’essi sfortunati (come minimo divorziati o violentati) o hanno le rotelle fuori posto e possono perfino minacciarla di morte. Tolta di mezzo la parentela passiamo a lei. Anch’essa divorziata almeno una volta o anche due e più al bisogno (a meno che non sia già vedova), con l’ex marito che le sta ancora tra i piedi e perfino nella stessa casa. E che magari conosce anche il suo nuovo fidanzato. Se il matrimonio funziona (una delle poche donne sposate relativamente felici, tra l’altro in stato interessante, mi pare sia Jane Rizzoli di “Il sangue dell’altra” di Tess Gerritsen, Longanesi 2007, ma sono solo all’inizio e non è detto che vada tutto liscio) mettiamo pure in conto che può ritrovarsi vedova in quattro e quattr’otto con l’amico poliziotto che le fa una corte spietata per prendere il suo posto (quello del marito). Se non funziona può essere tranquillamente lasciata insieme con un paio di mocciosi a farle compagna. Se invece non si sposa, visto il vento che tira, non è che la faccia franca. Avrà un sacco di fidanzati che la prenderanno in giro o che prenderà in giro perché è una donna moderna e disinibita. Non se la cava nemmeno da lesbica perché le si presenteranno (quasi) tutti gli stessi problemi. Una sfiga tremenda che fa venire i lucciconi solo a pensarci.

E veniamo al sesso.

Tralasciamo le detective di un secolo fa (o suppergiù) in genere asessuate (non tutte) perché di età avanzata o zitelle per convinzione (o per forza dirà qualcuno) o perché suore (sebbene in alcuni casi il germe dell’istinto si insinui anche in loro). Non è poi che nelle loro storie il sesso sia bandito del tutto. Anche Miss Marple non fa sesso ma neppure lo ignora. E’ parte integrante della natura umana. Certo nelle sue storie non c’è da aspettarci chissà che cosa e un casto bacio dell’età vittoriana può benissimo rappresentare un’orgia dei giorni nostri. Ma insomma la simpatica vecchietta è preparata anche su questo tema così scottante. E non solo sul sesso “normale”. Mi pare che lo dica lei stessa (ma non fidatevi e controllate meglio). Ci interesseremo, invece, della donna-poliziotto più vicina a noi anche se non sempre esattamente dei nostri giorni.

Rara avis la freddina alla Kathy Mallory, la bionda “dagli occhi di ghiaccio”, quella che per un motivo o l’altro non vuole saperne del maschietto o maschiaccio che le gira intorno e che prende pure a pesci in faccia. Per tutto il romanzo (“Come una bambola di stracci” di Carol O’Connell, Piemme 2006) non aspetti altro che si sciolga con qualcuno ma non c’è niente da fare. Credo che sia un trucco intelligente delle autrici (pochissime) per mantenere viva l’attenzione verso la protagonista in un mondo (quello del giallo in generale) dove se non stai attento te la sbattono pure in faccia.

Poi c’è quella che la tira per le lunghe e ti fa soffrire per tutte le tre o quattrocento pagine. La do o non la do, sì la do, no non la do, vedremo se la do (detta proprio terra terra). Uno stress per il lettore peggio di quello provocatogli dall’intera vicenda di morti ammazzati spinto istintivamente ad urlare “Ma perché non gliela dai brutta schifosa!” Alla fine o non la dà (vedi per esempio Anna Travis in “Dalia Rossa” di Lynda La Plante, Garzanti 2007) o la dà che la dà che  la dà. Tramortendo il povero masculo di turno che si ritrova pesto e sanguinante peggio di un incontro di boxe. Esagero? Ecco come ci dà sotto Ewa Johnsén (“Il mercato dei ladri” di Jean Guillou, Corbaccio 2007) “Quando sentì che tentava di divincolarsi sotto di lei, mormorando qualcosa che poteva sembrare la parola “preservativo”, lo tenne fermo scuotendo la testa e si chinò su di lui bisbigliando che voleva averlo tutto dentro di lei, tutto e ancora di più, di più”. Poi aspetta che sia di nuovo pronto e gli bisbiglia ancora una volta all’orecchio di volerlo fare ogni dieci minuti (mi immagino la faccia di Pierre). Oppure Petra Connor (“Subito dopo mezzanotte” di Jonathan Kellerman, Sperling and Kupfer 2005) che se non resiste non resiste. Rischiando il grottesco “Poi non ce la fece più. Prima spogliò frettolosamente il suo corpo pallido e ossuto, poi si strappò quasi di dosso i vestiti, con tanto affanno che per poco non inciampò nei calzoni”. Per il suo compagno Eric non c’è scampo “Crudeli e sconsiderate furono le posizioni in cui lo costrinse”. Ho provato per loro un sentimento misto di invidia e di pena. Qui gli autori  sono uomini ma non scherzano nemmeno le donne in maggioranza assoluta. Qualche volta inframezzato al sesso ci infilano la parola amore (vedi Lucia Dove della Scoppettone) ma più spesso danno sfogo libero alle loro creature per le quali il Kamasutra è una favoletta per bambini. Ritorniamo a bomba. Se non la dà è perché è proprio sfigata e cacata (volgarissimo ma rende bene il concetto) da tutti. Però non bisogna buttarci giù perché se non è la donna-poliziotto a fare esercizi sessuali lungo tutto il romanzo c’è sempre qualcuna che ne fa le veci. Mi viene in mente la Kamenskaja (“La donna che uccide” di Alexandra Marinina, Piemme 2006) invaghita senza successo di Ivan Alekseevic. Al suo posto Kira con Platonov. E non se la sbrigano niente male. E mi viene pure in mente Denise, uno dei personaggi (non la investigatrice per caso Mara Dunn) di “La maledizione dell’Orchidea” di Michelle Wan, Garzanti 2007, che sforna diversi amplessi così forti con Julian tanto da fargli sembrare  “di avere fatto l’amore con un pitone”.

Poi c’è quella che te la dà (ormai il registro è questo e dovete farvene una ragione) sin dall’inizio ed ha la faccia spiccicata per questo lavoro. Ce n’è una, per esempio, che scopa come un grillo (Camilla Cagliostri?) se la memoria non m’inganna. Infine abbiamo la tizia che la dà subito ma poi ci ripensa e non la vuole più dare. Con altro inevitabile stress per il lettore che almeno per quanto riguarda il sesso vorrebbe che tutto filasse liscio come l’olio.

Anche le lesbiche hanno le loro belle performance sessuali. Mi ricordo di Saz Martin e Molly (”Carne fresca” di Stella Duffy, Marsilio 2006) che lo fanno talmente con soddisfazione e aperta libertà da “far arrabbiare sul serio il loro vicino di sopra”.

Invece Vanessa Tullera (“Boodyart- Il ritorno della lesbocommissaria” di Pablo Echaurren, Fernandel 2006 che ho già presentato)  è più riservata e si butta solo alla fine. Anzi, più che buttarsi è costretta quasi a ricambiare all’attacco della collega Rosa che a cavalcioni su di lei “con una forbice acuminata le taglia in due la gonna, la camicetta, il reggiseno, lo slip”. Alla faccia della delicatezza femminile! (ma il libro, ad esser sinceri, è basato sulla ironia iperbolica).

Insomma ce ne sono di tutti i tipi e di tutte le specie. Come gli uomini. Cambiando gli addendi il prodotto non cambia.

P.S. Avrei potuto scegliere un registro diverso, più fine, più delicato. Ma parlando di sesso bisogna andare al sodo senza fare gli schizzinosi e senza tante manfrine. Ovvia!

 

Sito dell’autore www.libridiscacchi.135.it