Non si finisce mai di imparare. Nemmeno alla mia età. E nemmeno quando si è letto o consultato una caterva di libri. Niente da fare. L’ignoranza è sempre in agguato pronta a riportarti alle tue dimensioni di uomo piccino. Che non sa nulla di nulla. E infatti, quando mi sono trovato di fronte all’assassino che è un tassidermista-anatomista, la fiducia sulle mie conoscenze è crollata tragicamente ed è sorta spontanea la domanda di don abbondiana memoria: Chi è costui? Bene, siccome non credo che anche voi, che sorridete divertiti alle mie spalle, lo sappiate, ve lo spiattello pari pari. Il tassidermista-anatomista è uno specialista che cerca di conservare sia l’aspetto esteriore del corpo delle vittime degli animali che una parte del loro organismo. Fa effetto vero? Figuratevi poi se il lavoro viene svolto sulle persone. Da mettere i brividi addosso anche sotto il sole africano. Come avviene in La stanza dei morti di Franck Thilliez, Nord edizioni 2007. Naturalmente se il libro si limitasse a descrivere solo questo tipo “particolare” di lavoro non avrebbe avuto il successo che si è meritato. E ancor più meritato perché guadagnato con il semplice ma redditizio passaparola. E la parola sta passando ancora se Pino Cottogni proprio qui da noi ha scritto che l’autore porta “un vento nuovo nella narrativa gialla…una freschezza tutta sua”, se Fabio Gambaro su “L’almanacco dei libri”, inserto di “La repubblica”, lo ha definito un “avvincente romanzo” e se Chiara Bertazzoni l’ha presentato su “Thriller Magazine” come “opera godibile” di “piacevole lettura” e con un “ritmo serrato degno di un thriller” seppure con qualche punto in sospeso.
Non potevo non leggerlo. Anche perché la protagonista principale è una donna poliziotto, per essere più precisi il brigadiere Lucie Henebelle del commissariato centrale di Dunkerque. Ed io vado matto per le poliziotte del gentile sesso. (Cfr. mia rubrica “Detective Lady” su “Thriller Magazine”). Soprattutto se non sono le solite gnoccolone che ti fanno girare la testa appena ti passano davanti, ma una qualunque cicciotella ventinovenne con il seno piccolo ed il culo (pardon) grande. E soprattutto se ha una attrazione maniacale per il male. Per cui anche lei dovrebbe fare una visitina dallo psichiatra. Attaccata al suo taccuino di appunti (la coperta di Linus) come Anna Travis in Dalia rossa di Lynda La Plante, pubblicata or ora dalla Garzanti. Un Malloppone di 475 (quattrocentosettantacinque!) pagine che ha prosciugato le mie ultime risorse psicofisiche per cui scrivo questo articolo come in una specie di trance. Dispiace, semmai, che ancora una volta si debba assistere ad un personaggio femminile divorziato, o comunque separato dall’ex marito. Ormai è diventato un cliché usurato di ogni scrittore o scrittrice di thriller. Difficile, se non impossibile, trovarne una con un rapporto sentimentale solido e sicuro. E ci sarebbe da scriverci sopra un pezzo dal possibile titolo “La marea dilagante delle separate-divorziate” che non ne possiamo più. Un piccolo-grande (a seconda dei gusti) difetto di questo libro (che si legge volentieri) è la solita esagerazione maniacale di certi autori di volere per forza sorprenderci con continui colpi di scena. Fino all’ultimo istante quando si sta (finalmente) per chiudere il libro e tirare un sospiro di sollievo. Ma ormai ci siamo abituati ed il colpo di scena per noi attempati lettori sarebbe quello che non ce ne fossero per niente e tutto filasse liscio come l’olio. E poi ci infilo il solito metodo (ormai stancante) di usare le frasi in corsivo per mettere in rilievo i ragionamenti interni del/della protagonista. Che inventassero qualcosa di nuovo! E tuttavia questo libro non mi dispiace. Anche perché ci sono un paio di rimandi al gioco degli scacchi che vanno a tutto favore di questo Franck Thilliez. Allora passo parola anch’io? Ma sì, la passo.
P.S.
Quando si dice che un libro tira l’altro. Nel momento in cui uno dei disoccupati, Sylvain, incomincia a mordersi l’interno delle guance, la memoria mi ha riportato al bel racconto di Carlo Lucarelli Il terzo sparo in Crimini di Autori vari pubblicato dalla Einaudi stile libero 2005, dove la poliziotta Lara D’angelo non fa che mordicchiarsi, appunto, le guance interne.
Sito dell’autore www.libridiscacchi.135.it
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