Non so se sia successo anche a voi. Qualche volta attira più il nome dell’autore che il titolo del libro. Soprattutto se è già stato letto molte (ma molte) lune fa. E’ un po’ quello che mi è capitato quando mi sono ritrovato fra le mani (e non vi dico dove che ormai lo sapete a memoria) Maschera bianca di Edgar Wallace, pubblicato dalla benemerita Polillo nel 2006. La vita di questo scrittore mi ha sempre incuriosito. Soprattutto per un fatto. Scriveva, scriveva, scriveva. Guadagnava, guadagnava, guadagnava. Sperperava, sperperava, sperperava. Ancora oggi non si sa di preciso il numero di commedie, romanzi e racconti che abbia scritto. All’apice del successo gli fruttavano grosso modo sui 250.000 (duecentocinquantamila!) dollari all’anno. Una bella cifretta anche al momento. Nonostante questo ai suoi eredi lasciò un debito di centoquarantamila sterline! Immaginatevi per un attimo la loro faccia davanti al notaio…Ma si ripresero ben presto con i diritti di autore che arrivavano a valanga.

 Per quanto riguarda il contenuto trascrivo brevemente una parte della presentazione “Di notte, in piena Endley Street, un uomo è stato visto accasciarsi al suolo da più testimoni. E’ stato pugnalato al cuore, ma l’incredibile è che nessuno di loro sa fornire indicazioni sull’assassino, nessuno sa dire da dove sia venuto e come sia scomparso. Anche l’identità della vittima è ignota”.

Un bel mistero e una bella matassa da sbrogliare per l’ispettore capo di Scotland Yard

 Mason che andremo a presentare. La ricerca non è stata troppo fruttuosa ma qualcosa è venuto fuori. Dobbiamo però avere la pazienza di arrivare a pagina cinquantanove “Era un uomo calvo, dagli occhi vivacissimi e dalla voce profonda, melliflua”. Non se la prende troppo quando il dottor Rudd istintivamente lo prevarica nelle sue funzioni. In seguito veniamo che ha il volto rotondo e pesante più assorto del solito. Quando rimugina sembra dimenticarsi di ciò che gli sta intorno. Viene paragonato dal “dinoccolato sergente” Elk, a Sherlock Holmes.  A pagina settantatre  un altro particolare interessante “Un alone di leggenda circondava Mason. Era davvero un uomo cordiale e sotto l’influsso della sua aria bonaria e comprensiva molti criminali, per una malintesa fiducia, gli avevano detto più di quanto avrebbero voluto, cosa di cui si erano amaramente pentiti quando si erano trovati di fronte ai giurati e avevano udito le loro confidenze sfruttate con effetti per loro disastrosi”. Insomma non c’era da fidarsi troppo. Quando si passa il segno sa essere diretto, deciso e anche offensivo. Conosce i romanzi polizieschi. Ad un certo punto ne sfoglia distrattamente uno “con un vago disprezzo” dato che la storia gli sembra costruita in un ambiente del tutto inverosimile (troppo lusso!) “Il signor Mason scosse il capo, si grattò una guancia e chiuse il libro per ritornare al suo delitto della serata, allo squallore di Tidal Basin, con i suoi vicoli fangosi, le catapecchie di un piano, dove tre famiglie vivevano in uno spazio che sarebbe stato addirittura inadeguato per la stanza da bagno di un appartamento di Park Lane”. Non ha paura ma ad un certo punto, camminando lungo un quartiere malfamato, rabbrividisce senza capirne il motivo. Percepisce una vaga sensazione di pericolo. Duro con i sottoposti che commettono un errore e che non resistono al duro lavoro “Lei è un poliziotto. Non sono ancora ventiquattr’ore che è sveglio e lo rimarrà di certo per altre ventiquattro”. Ma sa anche aiutarli quando se lo meritano. Come nei confronti di Elk. Non ha problemi di sonno. Dorme dappertutto e a qualsiasi ora. Conosce a memoria i regolamenti. Anche per eluderli in caso di necessità. Porta sempre con sé una pistola. Incline all’esagerazione. Secondo il giudizio di Bray, un altro sottoposto, “Mason non è cattivo. E’ uno degli uomini migliori della polizia e uno dei più intelligenti”.

Inoltre lungo tutto il romanzo si trovano brevi frasi riferite a Mason che sembra quasi fare da specchio a ciò che sta avvenendo. In breve sorride, annuisce, annuisce più volte, annuisce energicamente, oppure fischietta, grugnisce, sospira, non risponde, spalanca gli occhi, guarda divertito, scuote il capo, fa un gesto di impazienza, ha il volto grave, è nervoso e irritato, si alza in fretta, balza in piedi, mette le mani nelle tasche, fa tentennare le monete, infila il mignolo nell’orecchio e lo agita violentemente oppure i pollici nel panciotto, misura la stanza a lunghi passi e così via. Tutto ruota intorno a lui. Eppure la sensazione che mi è rimasta è quella di qualcosa di sbozzato, di non finito. Come succede spesso per questo (troppo) prolifico scrittore. O sbaglio?

 

Sito dell’autore www.libridiscacchi.135.it