Da qualche tempo il nostro sito pubblica spot alcune voci del lavoro di Enrico Solito e Stefano Guerra... Queste voci arrivano dal volume di 200 pagine (e oltre 500 voci del canone) intitolato Il diciottesimo scalino - l'enciclopedia di Sherlock Holmes e acquistabile su www.delosstore.it/delosbooks/scheda.php?id=58. Per chi volesse sapere qualcosa di più di questo testo, che contiene anche un'introduzione di Corrado Augias, vi presentiamo il cappello introduttivo dei due autori:
Per uno di noi è cominciata mentre preparava l’esame di medicina legale all’università; per l’altro nelle brume di una città del settentrione d’Italia, tanto simile ad una nebbiosa Londra. Per ciascuno il suo inizio: ma per ognuno una storia iniziata leggendo un libro, e mai più finita. E’ così che si diventa holmesiani: per caso, per combinazione. Si leggono quelle “maledette” storie, si entra in un mondo di nebbia e di fumo, di violini, di carrozze e di cavalli, e non se ne esce mai più. Sono migliaia gli appassionati di Sherlock Holmes in tutto il mondo, raccolti in più di novecento associazioni disperse su tutto il pianeta, compresi il Kenia ed il Giappone: e tutti discutono, commentano, chiosano le storie di Sherlock Holmes fin dal 1902, quando Conan Doyle era ancora vivo (e si stupiva sommamente di ciò che gli accadeva intorno).
Ma perché parlare di Conan Doyle, in fondo? Per tutti noi è il dottor Watson il vero autore delle storie e Sherlock Holmes è un personaggio reale quanto Giuseppe Garibaldi o Winston Churchill. Questo è il Fondamentalismo Sherlockiano: il Grande Gioco nato agli inizi del ‘900 e che rifiuta l’idea che Holmes sia solo una invenzione letteraria.
E allora si vanno a studiare e a commentare i racconti del Canone (il corpus di 56 racconti e 4 romanzi) con attenzione degna dei più certosini e devoti ricercatori: si scartabellano riviste d’epoca, si studiano a fondo e per anni la cultura e le fonti del periodo vittoriano… che nessuno ci chieda perché. Quando a Pitagora uno studente chiese a cosa serviva la geometria egli dette disposizioni perché lo studente fosse cacciato dalla sua scuola: e noi comprendiamo benissimo quel gesto. Uno di noi disse una volta con spirito molto, molto old british, che il motivo per cui facciamo tutto questo è che è straordinariamente divertente: ma soprattutto, deliziosamente inutile.
Ma definiamo i termini: Holmesiani o Sherlockiani?
Qui, duole ammetterlo, ci si divide. In genere gli Europei preferiscono il termine Holmesiani e gli Americani Sherlockiani. In effetti è stato detto che gli Holmesiani sono Sherlockiani europei, che preferiscono farsi chiamare Holmesiani: mentre gli Sherlockiani sono Holmesiani americani, che preferiscono farsi chiamare Sherlockiani. E già questa battuta può servirvi ad entrare nel clima e nello spirito adatti a ciò che state per leggere. Ma non è tutto qui.
Vi è un approccio da studiosi al mondo di Sherlock Holmes: è quello che si ha studiando, chiosando, avanzando teorie sul perché e sul percome. Esistono società che, senza dimenticare il gioco, privilegiano questo aspetto, e che amano farsi chiamare Holmesiane. E altre, in genere quelle statunitensi, che amano di più l’aspetto ludico: le cene con i brindisi al grande investigatore, il cappellino, le spedizioni in costume d’epoca alle cascate di Reichenbach, il divertimento puro, il giuoco di ruolo. Questi sono in genere gli Sherlockiani.
La società italiana, Uno Studio in Holmes, fondata nel 1987 (cent’anni esatti dalla pubblicazione di Uno Studio in Rosso) a Firenze (se volete sapere perché, leggete l’enciclopedia) è una felice sintesi di entrambi gli umori. Certamente holmesiana (e anche questo libro ne è una testimonianza) non disdegna certo il gioco, il divertimento: le sghignazzate durante le più serie delle nostre conferenze sono la norma. Ma quello che ci unisce davvero non è l’uno né l’altro aspetto: è uno spirito di amicizia che è il vero cemento di questa associazione. Non abbiamo in comune né idee politiche né religiose né etiche: solo un profondo rispetto dell’uno per l’altro e la comune passione per il Grande Gioco.
Un gioco appunto: tutti noi sappiamo - ma non lo ammetteremmo mai - che solo di gioco si tratta. Spesso, alla fine delle nostre chiacchierate, e speriamo anche dopo la lettura di questo libro, qualcuno, un po’ disorientato, si alza sempre a domandarci: credevo fosse una specie di scherzo, ma mi avete quasi convinto che Sherlock Holmes è veramente esistito. Ditemi per favore: qual è la verità? Ma se chiedeste anche voi qual è la verità, gli autori di questo libro vi ricorderebbero che persino Gesù non rispose ad una analoga domanda di Ponzio Pilato. E chi siamo noi per dire di più?
Ora scusateci. Abbiamo due amici che ci aspettano all’angolo, nella nebbia, in un cab. E non amiamo farli aspettare. Perciò afferriamo tuba e mantelli e scappiamo: the game is afoot. (Stefano Guerra ed Enrico Solito)
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