– Sì – rispose Holmes, equivocando il senso delle mie parole. – Sono insetti sociali perché la socialità favorisce l’intelligenza. L’oggetto ci è stato detto essere un uovo da cui doveva nascere una regina. Da ciò la sua straordinaria robustezza, perché nelle città degli insetti nulla è più importante dell’unica fattrice. L’uovo veniva portato verso chissà quali mete, dove si sarebbe schiuso, forse per dare origine a una nuova colonia.– Non in questo mondo, spero!
– La Terra è stata una tappa imprevista. Del resto, se l’universo è davvero fitto di stelle come affermano gli astronomi, perché occupare un luogo già abitato?
– Diciamo per la stessa ragione che ha spinto l’Inghilterra a occupare l’India. Che pure è tutt’altro che deserta, come le posso ben testimoniare.
– No, siamo due specie troppo diverse per essere assoggettati alle stesse passioni.
– Eppure, Black e Dark sembrano uomini.
– Watson, lei sa come all’occorrenza io riesca a mutare aspetto con il travestimento. Immagini cosa possano fare creature tanto progredite. Ci dovevano essere dei Black e Dark, attenti a ciò che di strano la voce popolare e la stampa riportavano, in tutti i luoghi dove gli stranieri sospettavano potesse essere finito l’uovo. E, per quanto lento possa essere il suo sviluppo, ormai disperavano di trovarlo in tempo. Sono stati chiari nel dire che la regina stava per nascere.
Fissai il verme. – E temevano per lei – dissi.
– Naturalmente. Ma la sorte di Persano chiarisce che c’è anche dell’altro. Il pieno sviluppo della regina richiede l’assunzione di energie sottratte ad astanti, che nella loro civiltà presumo consenzienti. Del resto, ci avevano messo in guardia sul pericolo che correvamo. A modo loro, purtroppo, e senza lasciarsi intendere.
Rividi lo sguardo smorto dell’italiano. – Allora, quando l’uovo si è schiuso…
– Sì. La regina ha sottratto qualcosa dall’essenza di Persano, un’azione necessaria per lei ma devastante per quel disgraziato. Ma, per ironia del destino, il suo involontario sacrificio è stato inutile. Credo che la regina necessiti di ben altro nutrimento. Non se ne faccia una colpa, Watson. Neanch’io avevo capito sino in fondo. Volevo che l’uovo fosse recapitato stamattina solo per evitare che venisse rubato, poi me la sarei vista con Persano. Perché l’avrei comunque restituito agli stranieri.
– I quali sono arrivati a Persano prima di lei.
– Sbaglia. Si sono affrettati a venire qui, con i loro mezzi singolari, questo sì. Ma intanto il pacco era già stato recapitato, l’irreparabile per Persano accaduto e, soprattutto, c’era la polizia. E dato che per questi stranieri passare inosservati pare imperativo quasi quanto soccorrere la loro regina, non hanno potuto far nulla. Ma sono ancora là fuori, da qualche parte, e ora che la casa appare deserta, non tarderanno a farsi vivi.
La penombra della stanza, agli ultimi guizzi purpurei del caminetto, mi ricordava gli abissi infernali che avevo incautamente menzionato. – E noi siamo qui – mormorai.
– La regina deve completare la propria metamorfosi. In che modo? E cosa diventerà? Io… – Holmes si artigliò il petto, con una smorfia di dolore. – Watson, le cose che abbiamo fatto noi due…
E di colpo ce li trovammo di fronte, Black e Dark, stagliati contro la finestra. Avanzarono, inesorabili.
– Non siamo qui per minacciare la regina – ansimò Holmes. – Vogliamo solo sapere.
Esitarono. – È presto perché questo mondo ci conosca.
– Io so già quanto basta. E non lo dirò a nessuno.
Dopo un attimo, udimmo: – Valga la promessa, Holmes.
Raggiunsero la scrivania. Uno calò la mano destra, l’altro la sinistra. Il verme guizzò fuori dalla scatola e si arrotolò sulle palme accostate. Gli stranieri levarono lenti le braccia. Scaturì una bolla di luce iridescente che crebbe con rapida progressione. Sentivo intanto il respiro d’agonia di Holmes, ma levare gli occhi da quella fantasmagoria mi era impossibile. La sfera di luce avvolse gli stranieri e per un attimo tutto rimase sospeso. Poi apparve una fessura, che si aprì rapida, sino a spegnere il bagliore. Black e Dark erano svaniti. Al loro posto c’era un’entità fatta di nulla e colori che mai più ho rivisto. Muoveva ali diafane, nei suoi occhi di gemma il riflesso dell’infinito.
– La regina – rantolò Holmes. Lo guardai, finalmente, e una mano di ghiaccio mi serrò il cuore: riverso sulla sedia, pareva all’ultimo respiro. – Holmes! – gridai. – Holmes!
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