che tutte le sue spiegazioni quadravano. Mentre Holmes parlava,il giovane si era fermato di fronte a casa nostra.— Credo caro Watson, — esclamò Holmes sfregandosi le mani
— che avremo presto qualcosa di interessante. — Si udì infatti
un’energica scampanellata e un passo veloce per le scale. La
persona si fermò un attimo di fronte alla nostra porta, dopodiché
bussò.
— Avanti! — La porta si aprì e di fronte a noi entrò il giovane
visto in strada. Lo osservai attentamente: era di carnagione scura,
sulla trentina, non molto alto e con due grandi occhi castani
molto espressivi che in quel momento mostravano soltanto indecisione.
— Lei è il signor Holmes? — disse rivolto al mio amico; aveva
un forte accento straniero che sul momento non riuscii ad identificare.
Holmes fece un cenno d’assenso e gl’indicò la poltrona di
fronte al divano.
— È un onore per me conoscerla, signor Canali. — Il giovane
spalancò gli occhi e arrossì leggermente.
— Lei mi conosce? — Holmes sorrise compiaciuto.
— Non proprio. Ho una buona conoscenza di molte lingue e
ho afferrato immediatamente la nazionalità italiana del suo accento.
Deve scusarci, ma la stavamo osservando dalla finestra e
dalla posizione della sua testa ne ho dedotto che lei è un violinista
e i calli sulle dita me lo confermano. Ora, so che un quartetto
d’archi italiano è qui a Londra per eseguire alcuni concerti su
Vivaldi e, poiché è composto da tre uomini di mezza età, da una
donna e da un giovane di grande talento, sono giunto all’ovvia
conclusione che questo giovane era di fronte a me. — Tacque e
vidi il violinista guardarlo con nuovo rispetto.
— Lei è esattamente come mi è stato descritto. Sono venuto
qui perché ho bisogno del suo aiuto. — Respirò profondamente
e iniziò a tormentarsi le mani. Holmes gli offrì una sigaro che accettò;
dopodiché si allungò nel divano come suo solito, accendendo
la grossa pipa d’argilla e socchiudendo gli occhi.
— Cercherò di essere il più preciso possibile — iniziò Canali.
— Come lei stesso ha affermato, faccio parte di un quartetto
d’archi e cembalo e stiamo girando l’Europa per eseguire concerti.
Tutto è filato liscio finché non siamo venuti qui a Londra.
— Aspirò profondamente dal sigaro e continuò. — Alloggiamo
nell’albergo Queen Elizabeth in Tottenam Court Road. Con me
viaggiano Alessandro Castelli, Mario Olivieri, Francesco Severi
e Linda Della Corte. I primi sono tre uomini di mezza età, come
anche lei ha accennato prima, mentre io e la signorina Della
Corte siamo più o meno coetanei. Siamo a Londra da due giorni,
ma sono stati i giorni più assurdi della mia vita. — Fin dall’inizio
aveva iniziato a gesticolare nella maniera tutta italiana. ma lo vidi
che iniziava ad agitarsi e Holmes si sporse per toccargli il ginocchio
con l’indice.
— Cerchi di espormi la sua situazione con la maggior chiarezza
possibile. — Detto questo, riprese la sua precedente posizione
e congiunse i polpastrelli.
— Mi scusi, devo calmarmi. Le stranezze sono iniziate proprio
l’altro giorno, quando abbiamo ricevuto questa lettera. —
Frugò nella tasca del cappotto e ne trasse una busta che porse a
Holmes.
— È indirizzata al Quartetto D’Archi. Non c’è indirizzo, è stata
recapitata a mano?
— Si, signor Holmes. È stata portata in albergo da un uomo
alto e con la barba nera che l’ha consegnata all’ingresso perché ci
venisse recapitata. — Intanto, Holmes aveva aperto la busta ed
estratto la lettera.
— La carta utilizzata è molto cara, direi mezza corona al pacchetto.
Sia la busta che la lettera sono state scritte a stampatello.
Ci sono numerose impronte digitali che appartengono sicuramente
a lei e ai suoi amici. Inoltre, il messaggio è scritto in inglese:
“Spariranno tutti, uno alla volta.” Signor Canali, lei e il resto
della compagnia avete dei nemici in comune?
— Assolutamente no, signor Holmes. Non credo di avere dei
nemici, anche se non posso dire di conoscere perfettamente i miei
compagni. Ci conosciamo da poco più di tre mesi, da quando,
cioè, abbiamo iniziato la nostra tournee in Europa. Conoscevo gli
altri solo di nome.
— Continui pure.
— Adesso c’è la parte più strana di tutta la vicenda. Dopo aver
ricevuto quella lettera abbiamo tutti quanti riso molto perché la
ritenevamo uno scherzo. Voi inglesi, vi chiedo scusa, siete famosi
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